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“A sam stè’ in Mozambique”: sulla rotta del volontariato

di Francesco Tassi
           
                                                                 9 dicembre 2012 h 18
                                                    Presentazione della Mostra fotografica
 

“A sam stè’ in Mozambique”

IMG_6757

presso La Tenda, Modena
Viale Molza angolo viale Monte Kosica.
 

 In questa serata, vogliamo raccontare il nostro viaggio, attraverso l’esposizione delle nostre foto e, soprattutto, coinvolgere la cittadinanza nel progetto “pomar escolar – un frutteto per ogni scuola“, che prevede la realizzazione di frutteti comunitari nelle scuole della Zambezia, regione rurale ed economicamente svantaggiata del Mozambico centrale. Chi lo desidera, potrà sostenere il progetto con una donazione o acquistando i biglietti d’auguri con le foto più belle che abbiamo realizzato. Ci saranno anche le “Chemin des femmes“, il coro delle donne migranti, che con i loro canti arricchiranno il nostro racconto. Quindi non mancate! Perchè vogliamo condividere con ognuno di voi un’esperienza di cooperazione che non solo ha valore per le scuole della Zambezia, ma anche per il modo in cui viviamo nella nostra città.

mozambico

Prodotto con il contributo della Regione Emilia- Romagna nell’ambito del progetto:

I giovani e le donne protagonisti del contrasto all’HIV dell’empowerment socio-economico in Zambézia, Mozambico”vwww.arciculturaesviluppo.it , http://www.iscosemiliaromagna.org , http://www.manitese.it , http://www.nexusemiliaromagna.org – Facebook: campidilavoroarci

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Reportage 

Sulla rotta del volontariato: in Mozambico

di Francesco Tassi

Questa estate, ad agosto, un gruppo di nove giovani italiani, fra i quali quattro modenesi, ha attraversato il Mozambico in pulmino per incontrare un gruppo formato da altrettanti ragazzi mozambicani. Tre settimane in Mozambico, che hanno cambiato la vita.  E’ stato nell’ambito di questo progetto di cooperazione internazionale che anche io ho avuto l’opportunità di compiere il mio primo viaggio in Africa australe.

Il Mozambico, come l’Angola, è una ex colonia del Portogallo, ed è stata proprio la conoscenza della lingua portoghese, appresa in Brasile, a stimolare la mia curiosità verso questo Paese. Così il 20 agosto, sono partito dall’Italia insieme a Franco, Ilaria, Sebastian, Nicholas, Clara, Francesca, Lavinia e Matteo che, come me,  hanno voluto partecipare a questo “viaggio di conoscenza” organizzato in accordo ai principi del turismo responsabile, promosso dalle ong Iscos, Manitese, Arcs e Nexus E.R. Non sapevo sinceramente cosa aspettarmi da questa prima esperienza in Africa, ma ancora più forte del timore dei potenziali inconvenienti del viaggio era la voglia di partire insieme a un gruppo di persone ancora sconosciute, per scoprire insieme una cultura molto diversa dalla nostra.

DSC_0517Milo, il nostro accompagnatore, ci ha guidato nella scoperta delle meraviglie di un paese affascinante non solo per le sue bellezze naturali, ma anche per il suo ricco patrimonio culturale, frutto del contatto di culture e religioni diverse che hanno convissuto per secoli, nel rispetto reciproco. Pur avendo molti tesori da offrire ai suoi visitatori,  il Mozambico è un paese ancora scarsamente visitato dal turismo. Il motivo principale è la lunga guerra civile che ha funestato il paese per quindici anni e che ha reso questo Paese uno dei più poveri del Mondo.

Il nostro viaggio era indirizzato alla conoscenza dei progetti attivati dalle sopra nominate organizzazioni non governative, che operando nella stessa regione, hanno scelto di collaborare formando il “Consorzio Zambezia”. Infatti, la destinazione finale del viaggio era proprio la Zambezia, regione centro-settentrionale del paese,  dove le condizioni della popolazione locale sono particolarmente povere.  In questa regione, il nostro gruppo è stato coinvolto nella realizzazione del progetto di coltivazione di “pomares escolares”, cioè frutteti gestiti dalla comunità di chi frequenta la scuola, per arricchire la dieta degli studenti e responsabilizzare le nuove generazioni nella gestione di un progetto di interesse comune.

Il nostro gruppo, partito in pulmino (che in Mozambico si chiama chapa) dalla capitale Maputo, dopo due scomode settimane di viaggio, intervallate da soste in luoghi meravigliosi lungo la costa oceanica, come nel boscoso entroterra, si è finalmente fermato a Morrumbala. Abbiamo trascorso dieci giorni in questa piccola cittadina rurale della Zambezia, dove si è svolta la parte più importante del progetto: l’incontro con nove ragazzi mozambicani, con i quali abbiamo realizzato un percorso di reciproca conoscenza, collaborando nella realizzazione di attività manuali organizzate presso l’Unione dei contadini di Morrumbala (UDCM).

I laboratori artigianali, condotti dai  maestri Francisco e Isabela, consistevano nella costruzione di oggetti come cappelli e IMG_6702borse attraverso l’intreccio di fili di foglie di palma, insieme alla produzione di vasi e altri oggetti in terracotta. La foglia di palma e l’argilla sono risorse presenti in abbondanza sul territorio e quindi l’opportunità di apprendere le tecniche artigianali per produrre oggetti che hanno valore per il mercato locale  rappresentava per i ragazzi mozambicani una fonte di reddito addizionale al lavoro agricolo di sussistenza.

Per noi italiani invece, che viviamo in una realtà urbana e non conosciamo le fatiche del lavoro nei campi, questi laboratori sono stati un modo per conoscere la produzione artigianale locale e per supportare successivamente il progetto dei frutteti scolastici attraverso la vendita dei manufatti realizzati.

Nel contesto della reciproca conoscenza, il gruppo italiano e mozambicano si sono mescolati per dare vita a momenti di dibattito collettivo su temi importanti come l’agro-ecologia, i diritti delle donne e la lotta all’HIV/Aids, che in Mozambico affligge circa il 16%  della popolazione adulta.

Tematiche rispetto alle quali ognuno di noi, a turno, ha presentato la sua opinione, e si è messo in gioco, confrontandosi con tutti gli altri. Così, i due gruppi, distinti in partenza, attraverso i momenti di gioco, di discussione e di collaborazione nei progetti manuali, si sono uniti in uno solo. Insieme, abbiamo potuto comprendere come le nostre diversità di abitudini, sogni, e di opportunità rappresentassero non un limite ma uno stimolo alla riflessione, che porta arricchimento reciproco.

Nonostante i 15.000 km che ci dividono, abbiamo avuto l’opportunità di condividere, anche se per un tempo breve, la vita dei nostri amici mozambicani, apparentemente così diversa dalla nostra.

La loro vita quotidiana, divisa fra la scuola e il faticoso lavoro nel campo, che è tuttora la principale fonte di reddito, è insieme più semplice e più difficile della nostra.

Ci è sembrato di riconoscere nella vita di oggi dei ragazzi mozambicani che abbiamo incontrato quella che i nostri nonni ci hanno raccontato quando parlavano di un mondo in cui la vita di campagna e il lavoro manuale era motivo di fatica ma anche fonte di dignità. Un mondo che in Europa ormai non esiste più, ma che rappresenta tuttora la realtà della maggior parte delle popolazione mondiale, che rientra in quello che è stato discutibilmente chiamato il “Terzo Mondo”.

DSC_0418Enchada, catana, tudos vamos a trabalhar por o caminho da machamba…” (“Zappa, trebbio, andiamo tutti a lavorare, lungo il sentiero verso il campo…”) sono alcune delle parole che mi rimangono in testa, parti di canzoni che non scorderò mai, ascoltate prima e cantate poi, insieme ai miei amici del Mozambico.

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