di Natalia Benedetti
Articolo apparso su http://nataliabenedettiblog.com/
Breaking the Silence nasce nel 2004, è un’organizzazione di ex soldati israeliani che hanno prestato il servizio militare in West Bank a partire dalla seconda Intifada (settembre 2000) e si pone l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica israeliana ed internazionale sulla vita all’interno dei Territori Occupati e, più in generale, sul tema dell’occupazione. L’Organizzazione raccoglie testimonianze dai soldati, organizza dibattiti e, soprattutto, prevede visite guidate ad Hebron, la città palestinese in cui maggiormente gli abitanti palestinesi sentono il peso delle restrizioni dovute al regime militare dell’occupazione. Così decido di andare ad Hebron, insieme a molti altri che come me desiderano vedere, ci accompagna Roi, ex soldato, ora attivista e testimone per l’associazione.
Hebron è la seconda città più grande della Palestina, abitata da circa 175 000 Palestinesi e 750 Israeliani. È l’unica città palestinese in cui gli insediamenti israeliani sorgono al suo interno. Mentre nel 1993, con l’accordo di Oslo fra Israele e Palestina, la West Bank viene divisa in tre settori (A, B, C) a seconda del regime legale e dell’autonomia lasciata ai palestinesi (posto che la sicurezza resta sempre e comunque nelle mani di Israele, potenza occupante) Hebron rimane fuori dagli accordi perché rivendicata da entrambi per motivi religiosi. Soltanto nel 1998 si stabilisce un regime speciale per questa città: dividendola in due settori: H1 (costituisce l’80% ed è sotto il controllo palestinese) ed H2 (sotto il controllo israeliano). Quest’ultimo settore comprende il centro della città, qui sorgono gli insediamenti israeliani, a fianco dei quartieri palestinesi: per proteggerli sono presenti circa 600 militari, quasi un soldato per ogni israeliano.
Ma è necessario fare un passo indietro . Hebron ha da sempre rivestito un ruolo estremamente importante per la storia e la religione ebraica: è considerata la sede delle tombe dei patriarchi Abramo, Sara, Isacco, Rebecca e Lia, le origini del popolo eletto giacciono qui secondo la tradizione. Anche per i musulmani è un luogo sacro: a fianco delle tombe dei patriarchi sorge una moschea. Dal 1968 si stabiliscono i primi insediamenti israeliani, in maniera estremamente controversa, pare che siano stati alcuni fanatici religiosi a decidere di stabilirsi ad Hebron nonostante il divieto da parte dello Stato Israeliano, che poi non ebbe il coraggio di evacuarli a forza. Da quel momento una serie di massacri reciproci ha reso la convivenza impossibile.
Provate ad immaginare un mercato arabo: una strada su cui si affacciano negozi di ogni genere, per coloro che non l’hanno mai visto, pensate ad un flusso di persone, ad una confusione di colori, profumi, voci. Le urla dei venditori ambulanti che offrono tè alla menta o begale, pane di sesamo dal sapore dolciastro, negozi di frutta e verdura, spezie, stoffe, l’odore acre di questo fiume di corpi e, se è l’ora della preghiera, la voce profonda del muezzin che risuona forte nell’aria. Ora provate a visualizzare la stessa strada, vuota, i negozi sono sbarrati, la ruggine che ricopre le serrande rende l’idea del degrado e del tempo che è passato, nessuna voce nell’aria, i resti della neve che si scioglie a rendere l’immagine ancora più desolata, resta la preghiera del muezzin, dall’alto della collina. Rimango estremamente colpita alla vista di un branco di cani randagi: compaiono all’improvviso nel mezzo della strada, ne conto almeno 8, si muovono insieme veloci, come fossero un unico corpo, hanno le orecchie basse e si tengono a distanza, sembra che abbiano paura dell’uomo. La chiamano la città fantasma.