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Sweetie: per fermare i pedofili online basta una bambina – II

di Rossella Sala

 

Parte II – Combattere la pedofilia online: il progetto Sweetie_1000

Leggi la Parte I – Il turismo sessuale infantile via webcam: cos’è e come nasce

Secondo le stime dello US Federal Bureau of Investigation, circa 750.000 pedofili sono connessi ad internet in qualsiasi momento. Molti di questi passano dalle 4 alle 6 ore al giorno alla ricerca di materiale pedopornografico in rete, approdando a migliaia su siti e chat room che permettono di abusare sessualmente di un minore senza muoversi dalla propria scrivania.

È da questo dato che parte la ricerca di Terre des Hommes sul turismo sessuale infantile via webcam. Una ricerca che nasce dalla volontà di capire un fenomeno semisconosciuto, ignorato dalle autorità internazionali e privo di visibilità mediatica. Un fenomeno che, pur essendo proibito dalla maggior parte delle legislazioni statali e dalle norme internazionali a tutela dell’infanzia (prima fra tutte la Convenzione ONU sui diritti del bambino), sembra impossibile da perseguire e arginare. Ma è davvero così?

Lo studio delle dinamiche del WCST (Webcam Child Sex Tourism) ha portato gli autori a chiedersi se la ragione dell’impunità dei colpevoli non sia da ricercarsi nei tradizionali sistemi di investigazione usati dalla polizia, che per avviare un’indagine si basa normalmente sulle denunce delle vittime. I minori coinvolti nel WCST spesso non hanno le conoscenze né i mezzi per ribellarsi ai propri sfruttatori, e se li hanno molte volte non vogliono rivolgersi alle forze dell’ordine per paura di essere stigmatizzati e isolati socialmente. Vista l’impossibilità di basarsi sulle testimonianze delle vittime, il team di Terre des Hommes ha pensato di affrontare il fenomeno da una prospettiva diversa: quella dei criminali.

Nel 2013, per dieci settimane, quattro ricercatori si sono collegati a diverse chat room pubbliche fingendosi una ragazzina filippina dagli 8 ai 12 anni. Scopo dell’operazione sotto copertura era determinare l’incidenza e le modalità della pedofilia via webcam: facendosi contattare e, successivamente, interagendo con i potenziali autori di abuso, i ricercatori hanno osservato il comportamento dei pedofili online, mappato la loro provenienza (quasi tutti erano occidentali e residenti in Paesi ricchi) e studiato il loro approccio verso le vittime.

Nonostante sapessero che l’adescamento di minori era piuttosto diffuso su certe piattaforme, nessuno di loro era preparato al vertiginoso numero di uomini che hanno provato ad entrare in contatto con la “bambina”, chiedendo prestazioni sessuali di qualunque genere. Di fronte alle migliaia di richieste ricevute (molte nei pochi secondi successivi all’apparizione dell’operatore online), i ricercatori hanno dovuto rinunciare a tenere traccia di tutte le conversazioni e concentrarsi su un ristretto numero di individui. Un’ulteriore scoperta scioccante è stata la sfrontatezza e la violenza con cui la maggior parte degli utenti si approcciava alle vittime: molti erano estremamente diretti nel chiedere alla “bambina” di fare uno show via webcam, inviare immagini oscene o rispondere a domande sulla sua vita sessuale. Diversi utenti hanno inviato fotografie dei loro genitali, altri hanno detto di avere figli minorenni e di “trovare sexy le ragazzine di quell’età”. Partecipare alle conversazioni via chat si è rivelato così psicologicamente gravoso che i ricercatori hanno dovuto essere assistiti da uno psicologo per l’intera durata dell’operazione.

Sono bastati pochi giorni di indagine per capire che, al contario di quanto previsto, ottenere informazioni personali dai pedofili online sarebbe stato tutt’altro che un’impresa difficile. La maggior parte di loro era pronta a rivelare il proprio indirizzo e-mail, Skype, o numero di carta di credito non appena la presunta vittima accettava di collegarsi via webcam o inviare foto di nudo. Una volta ottenuti i dati necessari per identificare il soggetto, l’identità virtuale di TdH interrompeva la conversazione scollegandosi dalla chat. In poco tempo gli autori della ricerca hanno raccolto centinaia di nomi, indirizzi e-mail, fotografie e persino numeri di telefono di predatori sessuali, tanto da arrivare a chiedersi se quella che era partita come un’indagine conoscitiva non potesse diventare molto di più: la prova che identificare i pedofili online è tanto semplice quanto creare un profilo in una chat. Improvvisamente, perseguire gli autori di uno dei più orrendi crimini informatici appariva non solo possibile, ma anche rapido ed economico. Nessun sistema da violare, nessuna autorizzazione processuale da richiedere: tutto ciò che serviva era una falsa identità online e un operatore che la guidasse.

È nata così l’operazione “Sweetie_2000”, una gigantesca indagine sotto copertura che ha portato all’identificazione e prosecuzione di 1000 pedofili colpevoli di aver approcciato, molestato, e richiesto sesso a pagamento ad operatori sotto le sembianze di bambine filippine. Il progetto prende il nome da Sweetie, una bambina virtuale in 3D creata da Terre des Hommes per dare un aspetto più credibile ai profili online degli investigatori sotto copertura. In un numero limitato di casi infatti, gli utenti delle chat room hanno preteso di vedere chi ci fosse dall’altra parte dello schermo prima di accettare di scambiare informazioni personali. Di conseguenza, disporre di un’immagine virtuale dall’aspetto umano (Sweetie ha le sembianze di una bimba filippina di 10 anni) si è rivelato cruciale per ottenere la loro fiducia.

Il progetto si è concluso con la consegna all’Interpol (l’Agenzia internazionale per la cooperazione di polizia) dei dati relativi a 1000 pedofili che sono stati schedati dalle forze dell’ordine dei rispettivi paesi. Molti di loro sono stati incriminati, e stanno attualmente affrontando processi per sfruttamento sessuale di minori. Il 22 ottobre 2014, un tribunale australiano ha pronunciato la prima condanna (ad un anno di carcere) contro un uomo responsabile di aver chiesto favori sessuali a Sweetie.

La strada per eradicare il turismo sessuale via webcam è ancora lunga. Ma almeno, il progetto Sweetie ha dimostrato che combattere lo sfruttamento dei bambini può essere semplice, economico, ma soprattutto possibile.

Firma la petizione per spingere le autorità internazionali ad agire contro il turismo sessuale via internet: http://avaaz.org/en/wcst

 

L’immagine, i dati e le informazioni contenuti in questo articolo sono tratti dal sito di Terre des Hommes Netherlands (http://terredeshommesnl.org/en/sweetie).

Per chi volesse approfondire l’argomento si consiglia la lettura del report Becoming Sweetie: a novel approach to stopping the global rise of Webcam Child Sex Tourism, (Terre des Hommes The Netherlands, 2013).

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