Faccetta nera e la regina di Saba di Giuseppe Cei
di Francesco Tassi
Sul finire del 1938 viene decisa una spedizione scientifica in Africa orientale, allo scopo di approfondire la conoscenza delle tribù locali da poco sottomesse all’impero fascista. A capo della missione è posto il professor Lidio Cipriani, direttore del Museo antropologico di Firenze e, come suo assistente, viene scelto Giuseppe Cei. Di tale esperienza resta oggi memoria nel diario che quest’ultimo, allora giovanissimo scienziato, annotò durante quei mesi; pagine in cui il rigore dello studioso cede volentieri il passo alla meraviglia e allo stupore del ragazzo. Corredato da un ricco repertorio fotografico, il volume è impreziosito dalle riproduzioni di dodici originali acquerelli di Silvana Silvi Cei, moglie dell’autore, raffiguranti i principali fra i “gruppi razziali” descritti nel diario. (prosegui)
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In viaggio con Erodoto di Ryszard Kapuscinski
di Rossella Sala
È il 1956. Un Kapuscinski poco più che ventenne, stanco della povera e provinciale Polonia stalinista, lascia per la prima volta il paese per raggiungere l’India in qualità di corrispondente estero di un giornale locale. Suo unico desiderio e motore, la tentazione irresistibile a varcare una frontiera, attraversare il confine verso un altrove affascinante e sconosciuto. Ad accompagnarlo non c’è che un libro: le Storie di Erodoto, opera destinata a trasformarsi per l’autore in un autentico punto di riferimento, dove cercare tregua dagli avvenimenti del mondo e risposta agli interrogativi che la curiosità, incalzante, gli pone di fronte: dove ha inizio la storia? Perchè gli uomini si combattono tra loro? (prosegui)
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La cotogna di Istanbul di Paolo Rumiz
di Natalia Benedetti
Una melodia dolce amara accompagna questo romanzo, una malinconia delicata e struggente che trova il suo compimento nei Balcani, nata dalla cultura, dalle tradizioni e dalle religioni che popolano quelle terre: ebrei provenienti dall’Andalusia, musulmani, cattolici ortodossi venuti dall’est. Racchiusa nelle ballate antiche che cantano l’amore e la solitudine, corteggiando la tristezza, questa musica si è fermata a Sarajevo, città che è stata crocevia per molte genti, un tempo patria serena di popoli diversi, esempio concreto della possibilità di una convivenza tra culture dissonanti, prima che la guerra e la bramosia di potere della classe politica ne distruggessero e violentassero il popolo. (prosegui)
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I Girovaghi di M. Bonfatti
di Francesco Tassi
Viaggiano su un carrozzone di legno tarlato che procede traballante per strade senza nome, senza una meta, senza un motivo. Non si sa da dove vengono e dove siano diretti, sappiamo solo che esistono, anche se non li guardiamo mai in faccia. Camminano leggeri su questo mondo, senza lasciarsi incatenare da nessuna città e da nessuna bandiera, la loro casa è la terra intera. Quando infine si fermano, nessuno li vuole vicino, fra chi li disprezza e chi ne ha paura, e allora gli tocca partire ancora alla ricerca di un nuove (dis)avventure: sono i Girovaghi, per metà figli del vento e per metà straccioni sgangherati. (prosegui)
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La puzza dei ricordi – Tondelli e “Altri libertini”
di Silvia Morselli
Ha deciso qualcuno che il settimo giorno Dio si è riposato, ha deciso qualcun altro che il settimo giorno Domenica si sarebbe chiamato, Domenica, il giorno del signore. La Domenica ero abituata che stavo a casa, ora tutti i giorni è lo stesso ma la Domenica resta la Domenica, anzi la domenica con la d minuscola perché è sempre un po’ uno schifo, perché anche se ora tutte le sere si può uscire sono lo stesso il venerdì e il sabato le serate degne di questo nome, e quando si ha la (s)fortuna di frequentare un attore che non fa un accidente tutto il dì e ha letto nella “Vita di Carmelo Bene” che Carmelo Bene, appunto, durante la notte girava in solitudine e declamava, e quindi (l’attore che si frequenta) ha deciso che vivere di notte fa più attore, insomma in casi come questi capita di andare a dormire alle 5 e mezza, e nonostante si sia raggiunta la maggiore età…(prosegui)
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Tiziano Terzani, Letters against the wars*
by Matteo Tomasina
After the tragic event of 9/11 in New York the reaction of people in Western countries was strongly emotional, characterized by fear, anxiety, sense of insecurity, but also anger for what happened and solidarity towards the victims. The director of the Italian newspaper Il Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, ended his first editorial after the bloodshed with the sentence “We are all Americans”. Some days later (26/11), a long article appeared on the same newspaper, signed this time by the popular and worldwide known journalist and writer Oriana Fallaci. The Rage and the Pride – this was the title – contained a strong invective against the Islamic world, describing its values and religion as “inferior” to the western ones and not compatible with freedom and democracy. In her opinion, Islamic extremism is leading to a new form of totalitarianism. Finally, the Western countries were described as weak in front of the Islamic menace, and the policies of openness and tolerance were sharply criticized. (continue)
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Biografia di un viaggiatore sanguinario
di Riccardo Vergnani
Uscito quest’anno in Italia con Adelphi dopo decenni di latitanza editoriale (il libro risale infatti al 1937), Il barone sanguinario di Vladimir Pozner è una biografia atipica.Innanzitutto per la totale assenza di quella leziosità da rotocalco di cui difettano tante biografie: del protagonista, il barone russo Roman Von Ungern-Sternberg, non ci vengono raccontati i grandi amori, le tragedie familiari o le piccole perversioni nascoste – delle sua vita privata non si sa molto, in realtà. Il contesto in cui è calato il barone è prettamente storico, senza per questo essere pedante, e gli echi personali si inseriscono perfettamente in un quadro più ampio. In secondo luogo, la forma della narrazione: nella prima parte l’autore racconta di come, giovane giornalista in carriera, si mette alla caccia del barone cercando per le strade di Parigi i suoi vecchi compagni d’arme. Leggiamo così di strani incontri con ufficiali diventati taxisti o camerieri, e percepiamo la difficoltà del giovane nel rintracciare la realtà dentro la leggenda. Nella seconda parte, invece, la storia assume un andamento narrativo che ci trasporta scioltamente nelle ultime settimane di vita del barone – quelle più importanti –, raccontate dal punto di vista dei vari personaggi che vi hanno preso parte. La storia che ne emerge sembra davvero uscita dalla fantasia di uno scrittore: alla caduta dello zar Nicola II, nel 1917, Von Ungern-Sternberg si trova in mezzo ai tanti ufficiali zaristi che organizzano la resistenza “bianca” che si oppone alla rivoluzione bolscevica; nel giro di poco tempo, riuscirà a radunare nel bel mezzo delle steppe centro-asiatiche un esercito formato da guerrieri a cavallo, monaci buddhisti in esilio e cosacchi fedeli allo zar, con cui libererà dagli invasori cinesi Urga, la capitale politica e religiosa della Mongolia. Il suo sogno di ricostruire l’impero di Gengis Khan a cavallo e di liberare Asia e Europa dalla minaccia rossa si infrangerà contro la sua stessa follia e la forza di un’epoca che non gli apparteneva.
La figura del barone russo ha accompagnato tanti viaggiatori (Ossendowski, Hugo Pratt, Terzani…) e un certo carattere di “viaggiabilità” si percepisce chiaramente nelle pagine di Pozner: Von Ungern-Sternberg è un personaggio di frontiera, un occidentale innamoratosi dell’Asia che dedica la sua vita al conseguimento di un’ideale lontano nel tempo e nello spazio. Un folle, un violento, certo. Ma il suo sguardo allucinato sul mondo suscita una certa simpatia, nonostante tutto. Pozner ci racconta il fascino ambiguo di un viaggiatore sanguinario vissuto ai limiti della Storia, e, nel farlo, non si dimentica di strizzare un occhio alla grande letteratura di viaggio.