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Di Principi e Cavalieri – l’Italia dopo le elezioni

di Riccardo Vergnani

Il mio primo pensiero è stato: “Basta, facciamola finita. Icona di Gaetano Bresci nel taschino e via. Sic semper tyrannis”. Il secondo pensiero è stato “Eliminare Berlusconi non servirebbe a niente. Il problema sta nella maggioranza del popolo italiano che continua a votarlo”. E qua ci potremmo fermare. Il problema non è Berlusconi in sé, ma Berlusconi in me, citando la famosa massima di Giorgio Gaber (che, non dimentichiamolo, aveva una moglie in Forza Italia).

In realtà, basta guardare un attimo le cifre per capire che il problema è un molto più sottile – e decisamente profondo.

B.Il PDL si aggira approssimatamene attorno al 25-30% (contando i voti della Lega Nord), mentre i principali partiti sommati assieme (PD + Movimento a 5 stelle + Con Monti per l’Italia) si avvicinano quasi alla totalità rimanente, circa il 65%. Chiaramente, questi partiti non sono nei neutri rispetto al fenomeno Berlusconi: seppure in maniera diversa, ognuno di essi ha adottato una strategia polemica, e in alcuni casi addirittura aggressiva, nei suoi confronti; Berlusconi è, nell’immaginario che hanno voluto proporre, il modello negativo da cui distaccarsi. Semplificando molto le cose, per spirito di brevità, possiamo dire che il 65% degli Italiani abbia votato CONTRO Berlusconi, o perlomeno con la consapevolezza di appoggiare un partito a lui sfavorevole. Ciononostante, Berlusconi primeggia. Il suo 25-30%, se non gli basterà per governare, sarà comunque sufficiente a creare dei problemi di non poco conto a un eventuale governo del PD. Anche nella prospettiva di nuove elezioni, il peso di questo risultato sarà tuttavia notevole.

Perché allora, nonostante la relativa esiguità dei voti ricevuti, il Cavaliere rimane oggi il maggior referente politico, nonché il più grande pericolo, della Repubblica Italiana?

Ce lo spiega il signor Niccolò Machiavelli, classe 1469:

E veramente alcuna provincia non fu mai unita o felice, se la non viene tutta alla ubbidienza d’una republica o d’uno principe, come è avvenuto alla Francia ed alla Spagna.

(Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio, I, cap. XII)

cesare borgiaL’Italia divisa. Nemmeno di fronte alla minaccia dell’invasore straniero, gli Stati italiani riescono a trovare un accordo per allearsi e cacciare il nemico oltre i confini. L’Italia del primo Rinascimento è, nel suo complesso, la realtà nazionale più colta e più ricca di tutta Europa. Eppure, Francesi, Spagnoli e Tedeschi hanno imperversato per buona parte del XVI secolo (fino al 1861, aggiungerei) lungo tutto il territorio della penisola. Machiavelli attribuisce la responsabilità di questa divisione alla Chiesa di Roma, che mantiene consapevolmente, grazie alla sua influenza, gli Stati divisi, per avere così un maggiore potere su realtà micro – anziché confrontarsi con un grande Stato Nazionale.

 Nell’Italia del 2013, tralasciando eventuali responsabilità papali, possiamo dire di aver incorporato culturalmente questo campanilismo. Non solo a livello geografico e identitario, regione contro regione, ma persino nel profondo della nostra sensibilità politica. Davanti alla minaccia berlusconiana, non siamo in grado di far fronte comune per il bene del paese. E questo vale tanto per i partiti quanto per l’elettorato, che evidentemente non percepisce il rischio di un voto dato al movimento –  o al partito –  “di moda”. In nome di chissà quale orgoglio personale, continuiamo ad azzuffarci su questioni che, di fronte al rischio di un Berlusconi di nuovo al governo, paiono tutto sommato di poco conto.

È risaputo che Machiavelli vedesse nell’intervento di un Principe, l’Uomo della Provvidenza, l’unica salvezza per l’Italia; in realtà, rileggendosi bene certe opere “minori” (come la Deca qui riportata), si scopre che Machiavelli elaborò, in un secondo momento, un ideale repubblicano secondo cui l’intervento salvifico sarebbe dovuto spettare a un gruppo di uomini virtuosi, disposti a rinunciare al proprio interesse personale in nome del bene comune. Cedere un po’ di autonomia in cambio di una Italia unita e forte, questo era il sogno del politico Machiavelli.

Dopo quasi mezzo millennio, questo appello pare essere ancora voce nel deserto.

p.s.

L’autore di questo articolo non ha votato seguendo proprio la logica malata di cui sopra. Anche se non se la merita, spera comunque di avere presto una seconda opportunità.

pertini_paz

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